Dopo l'intervista di ieri, che se avete perso vi consiglio di recuperare sempre qui sul blog, oggi vi farò leggere qualche estratto e vi farò delle card di 'Per un chicco di caffè' di Giulia Fiori!
«Cassi, eccomi» Nic corse verso di me e mi abbracciò, dandomi un bacio sulla guancia. “Sta andando malissimo” pensai, mentre cercavo di aggiungere distanza tra noi.
«Questo posto è bellissimo, vero?» mi chiese, poco prima di afferrarmi la mano. Io guardai quell’intreccio e non riuscii a rispondere. «Oh, scusami. È un po’ troppo, hai ragione». Sciolse le nostre mani e si sistemò la giacca grigia che gli risaltava gli occhi dello stesso colore.
«Sì, è sempre bellissima Villa Pamphili» risposi, dopo aver ripreso possesso della parola.
Ci sedemmo a terra, accanto al laghetto, a osservare le papere e le tartarughe, assegnandogli nomi di persone a noi conosciute. Il rumore dell’acqua calmò la mia agitazione, ma dovevo cercare di restare il più possibile lontana da lui.
«Quella tartaruga è senza dubbio Mr. Bulldog» mi disse, indicando una di quelle più grandi che guidava la fila. «E quelli dietro siamo noi» scoppiò a ridere, imitando i gesti degli animali, e contagiò anche me. Non era male passare del tempo con lui, in fin dei conti.
«La cascata! Dobbiamo passarci sotto. Vieni con me» mi prese per mano e mi aiutò ad alzarmi. Ci dirigemmo verso gli archi che componevano la struttura, con davanti la grande fontana che permetteva all’acqua di riversarsi nel laghetto. Più ci avvicinavamo, più il rumore era forte.
Scesi alla fermata di Piazzale Flaminio per poi continuare il percorso a piedi. Il locale era in una traversa di via del Babuino, ma passai per via di Ripetta, osservando il negozio d’arte che da ragazza mi faceva brillare gli occhi con le confezioni di Faber Castel in vetrina. Arrivai fino all’Ara Pacis e al Mausoleo di Augusto, che in quel periodo era chiuso per ristrutturazione, e mi voltai verso quel monumento perfetto. Non ho mai apprezzato l’edificio bianco splendente posto attorno all’altare, ma, per quanto stoni con tutto ciò che ha attorno, mi ha sempre permesso di osservare una delle più significative testimonianze dell’arte dell’Impero Romano sotto Augusto, grazie alle grandi vetrate.
Mi fermai per qualche minuto a immaginare come sarebbe stata un tempo, fin troppo lontano, in quel primo secolo avanti Cristo, ma il telefono interruppe quel momento magico.
«Cassandra, ma dove sei? Noi siamo tutti qui, ti stiamo aspettando!» urlò la voce di Clotilde, sovrastata da una musica fin troppo alta per i miei gusti.
«Sto arrivando, ho sbagliato fermata e sono a piazza Augusto Imperatore. Arrivo subito».
La mia amica sbuffò e attaccò. Il silenzio improvviso mi fece schioccare l’orecchio, ma mi ricordò che dovevo salutare il mondo antico per catapultarmi in quello attuale.
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