mercoledì 24 ottobre 2018

Recensione: Yohnna e il Baluardo dei Deserti di Andreina Grieco

Nuova recensione, stavolta per 'Yohnna e il Baluardo dei Deserti'!


Titolo: Yohnna e il Baluardo dei Deserti

Autore: Andreina Grieco

Formato: Cartaceo (brossura), Kindle

Edito da: EKT Edikit

Genere: Fantasy

Pagine: 208

Prezzo: 14,00€, 2,99€ su Kindle





Trama

Yohnna, giovane arrotino, sopravvive ad alterne fortune con il suo talento per i pugnali da lancio, la sua furbizia e una certa dose di sarcasmo. Smarrito nel deserto, in preda alla sete stappa una bottiglia trovata tra le sabbie e libera il malefico Jinn protettore del deserto. 
Dovrà imparare a convivere con l’abominio che ha liberato perché lo spirito lo perseguiterà con la scusa di un terzo desiderio ancora da esprimere.
Horèb, gigantesco Jinn dallo spiccato humor nero, svolge alla perfezione il compito di guardiano dei deserti, salvo fatto il vizio di divorare esseri umani. Liberato dopo secoli, deve fare i conti con una nuova vita in cui non può più uccidere, pena la dannazione eterna. Ma le tentazioni sono sempre in agguato.
Tra palazzi sontuosi, combattimenti a colpi di sciabola e duelli di magia, Yohnna trascina il Jinn in una partita d’astuzia dall’esito incerto. Ma non è importante sapere chi vince finchè si continua a giocare.

 Parto con il dire che questo romanzo ha molti elementi che apprezzo: innanzitutto è un fantasy e l'ambientazione è tra le mie preferite. Sono sempre rimasta affascinata dalle storie alla 'mille e una notte' perché hanno quel pizzico di mistero che sempre fa gola. Quindi ho cominciato la lettura di questo libro con molte aspettative e mi sono trovata davanti un romanzo non solo ben scritto e con il giusto ritmo di narrazione ma anche con una storia accattivante e ben strutturata. Avrò molto dire infatti riguardo lo stile, ma a quello ci penserò più avanti.

Yohnna è un giovane ragazzo che si guadagna da vivere facendo l'arrotino. Dopo una brutta esperienza avvenuta in città, scappa nel deserto. Pensa di morire, che non riuscirà mai a uscirne vivo a meno che non riesca ad essere così fortunato da incrociare dei beduini. I suoi progetti non saranno però come se li era immaginati: stappando una bottiglia appena trovata, volendo bere quello che spera non sia un veleno, ne vede uscire fuori un Jinn, Horèb, o anche chiamato Il Corvo. A partire da adesso vedremo un continuo dibattito tra loro, divertente e interessante, nei quali i due cercheranno di farsi valere giocando d'astuzia. Yohnna sa che non riuscirebbe mai a farla franca contro quel mostro colossale intenzionato a tormentarlo, perciò l'unica sua via di fuga è quello di anticiparlo, utilizzando la sua intelligenza.
Horèb dal canto suo si sente ovviamente invincibile. Per lui gli umani non sono altro che niente se non un divertimento saltuario. Ora che è stato liberato, Horèb assaggia nuovamente quella libertà che tanto gli è mancata ma sa anche che non può uccidere Yohnna. Ciò però non lo trattiene dal poter giocare con lui, stuzzicarlo, farlo uscire di testa.
Si diverte e si arrabbia anche quando concede a Yohnna tre desideri, due dei queli non li trova degni della sua potenza. Annoiato decide quindi di lasciar stare Yohnna e di ritornare da lui solo quando avrà pensato a un terzo desiderio che lui possa reputare intelligente. Da quel momento Yohnna vivrà sempre con l'ansia di un suo possibile ritorno.

Personaggi

 Yohnna è un ragazzino sveglio, attento e abbastanza sfrontato, caratteristica che di lui mi è piaciuta molto. Nonostante infatti la paura iniziale che chiunque potrebbe avere alla vista di un Jinn, riesce comunque ad accantonarla ribattendo a Horèb con presunzione. Questa sua irriverenza però non sembra far arrabbiare il Jinn più di tanto. Ne rimane infatti affascinato, tanto che deciderà di farlo 'il suo giocattolino', il suo mezzo di divertimento. Non può ucciderlo, però potrà tormentarlo e notando quanto sia impulsivo sa che potrà trarne lo spasso che cerca. Il rapporto tra i due è interessante: se infatti a volte si potrebbe pensare che Horèb lo tratti davvero come il suo giocattolo preferito, in certe occasioni notiamo quasi un cambiamento in cui il Jinn sembra consigliarlo e divertirsi con lui come si fa con un qualunque amico. Lo chiama affettuosamente, anche se a volte per Yohnna questo può sembrare inquietante, e di certo sa che il Jinn è uno che mantiene le promesse. Se davvero non può arrecargli dolore può comunque portarlo allo sfinimento.
E glielo dimostrerà. Horèb è spietato e questo lo si capisce sin da subito: proprio come fa il gatto con il topo gioca con la sua vittima prima di finirla e la situazione non cambia anche quando sarà lo stesso Yohnna a chiedere di smetterla. Una parte che mi ha molto colpita di questo romanzo, e che fa intendere meglio e che anzi, fa riflettere, sul comportamento di Horèb è quando quest'ultimo si chiede come mai gli esseri umani possano essere così ipocriti riguardo gli animali. Perché alcuni vengono mangiati e altri ancora vengono amati come animaletti da compagnia? Non è questa, appunto, ipocrisia? Cosa li fa porta a scegliere quale animale uccidere e quale animale amare? Alla fine Horèb si rende conto di essere caduto lui stesso in questa condizione. Gli esseri umani per lui sono proprio come gli animali per loro. Alcuni li mangia, altri ancora li prende in simpatia. E non sa spiegarselo.
Penso che questo passo faccia intendere molto il personaggio di Horèb. Trovo sia adatto a un essere come lui e non è per nulla scontato. Mi spiego meglio: durante il corso del romanzo Horèb avrebbe potuto subire un cambiamento che non avrebbe rispecchiato il suo essere, ma questo non succede. Anche quando sembra tenere a Yohnna non lo fa come potrebbe appunto pensarlo un essere umano, ma lo fa a seconda di come lui realmente è.
Motivo per cui l'ho trovato attinente e per nulla assurdo.
Salima è il personaggio femminile forte e testardo. Testardo perché, nonostante sia lei a dire a Yohnna come comportarsi e cosa fare, la maggior parte delle volte è lei stessa a non seguire i consigli che dà.
Sembra che niente possa scalfirla nonostante abbia sofferto molto in passato. Credo che sia proprio il suo dolore che la porti a rischiare il tutto e per tutto, adoperandosi in maniera tale da far rimanere impressionato anche il Jinn.
E se una normalissima essere umana cattura la sua attenzione vuol dire che particolare lo è eccome.
Mi è piaciuto anche il rapporto che c'è tra Yohnna e Salima: i due sono fratellastri anche se molte volte entrambi hanno il dubbio che siano effettivamente fratelli di sangue. C'è una bella complicità e un aiuto reciproco anche quando quest'ultimo non viene chiesto. Nel momento del pericolo infatti l'uno pensa per primo sempre all'altra.
E questa è una cosa che ho davvero molto apprezzato.

Stile

Lo stile è esattamente come dovrebbe essere: è in prima persona, una scelta che personalmente apprezzo, e l'utilizzo dello show don't tell è usato ottimamente e si 'vede'. Credo che si capisca quando uno scrittore utilizza al meglio questo regola quando mette in moto tutti i cinque sensi: in questo romanzo sentiamo i profumi, ci sembra di essere realmente lì, ci vengono mostrate le scene senza saltare o dare per scontato. Quando il protagonista si sveglia dopo uno svenimento, nel riaprire gli occhi la prima cosa che sente è l'odore del sangue. Già capiamo che sta per risvegliarsi in una situazione non proprio ottimale. Insieme a lui scopriamo dove si trova, le prime percezioni, la sua ansia e la sua determinazione. Non credo ci sia un pezzo che non abbia apprezzato, perché ogni volta che andavo avanti nella lettura rimanevo soddisfatta di quanto l'immagine dell'azione fosse vivida nella mia mente.
Un'altra cosa che mi è piaciuta molto è anche come è strutturato il romanzo, ovvero a forma di racconto: è Yohnna stesso che ci sta raccontando questa storia, avvenuta vent'anni prima. Parla a noi come se fossimo davanti a lui e lo stessimo pagando per farci raccontare la sua avventura. Il tono è divertente, confidenziale, sembra davvero di avere il personaggio davanti che ci fa delle battute e conversa con noi.
In alcuni momenti della storia infatti 'sentiamo' nuovamente la voce del narratore che ci commenta un avvenimento e si rivolge al lettore con una battuta. Ammetto che queste 'battute' e i toni scherzosi usati li ho amati da morire: mi hanno fatta veramente sorridere e non li ho trovati per nulla forzati. Ho pensato che fosse un ottimo modo per utilizzare la prima persona, ovvero quella di coinvolgere quanto più possibile il lettore. Così il focus, che dovrebbe essere appunto su un singolo personaggio, non rimane statico. Le parti infatti in cui 'si ritornava' davanti a Yohnna e Horèb sono state tra le mie preferite. Ero sempre in attesa di ritornare 'a parlare' con loro perché sapevo sarebbe stato divertente e interessante.
Non ho mai letto romanzi del genere e se mi è capitato probabilmente non mi è rimasto impresso. In questo caso direi che ha fatto centro: la lettura scorre veloce, e se mi sono soffermata è proprio perché la scena era davvero simpatica e molto accattivante.



Come detto a inizio recensione uno dei punti di forza di questo romanzo, oltre allo stile, è anche l'ambientazione: potrei essere di parte proprio perché, come detto, il deserto è sempre un posto che mi ha affascinato e io stessa mi sono andata a documentare sui Jinn e sulle loro leggende ancor prima di leggere questo libro, ma vi posso assicurare che potrà essere apprezzato da chiunque. Anzi, è un ottimo modo per apprendere qualcosa che non si conosce.
Detto questo non mi resta quindi che consigliarvi questa splendida lettura. 


lunedì 15 ottobre 2018

Recensione: 'Il Cavaliere Nero' di Pietro Tulipano

Oggi una nuova recensione, stavolta per 'Il Cavaliere Nero' di Pietro Tulipano edito dalla Dark Zone!

Titolo: Il Cavaliere Nero

Autore:  Pietro Tulipano

Formato:  Cartaceo (brossura), kindle

Edito da: Dark Zone

Genere:  Fantasy

Pagine: 155

Prezzo:  14,90€ cartaceo, 2,99€ su kindle






Trama
 Areth è il più grande eroe del regno e sembra riassumere in sé tutte le virtù umane.
Pochi conoscono il suo segreto: Areth non ricorda nulla del suo passato né delle sue origini. L’eroe vive ogni giorno sopportando il dolore di non conoscere la propria storia fino a quando non accade qualcosa che sconvolge la sua esistenza. Durante una missione, vede il ritratto del Cavaliere Nero: il guerriero più spietato e terribile che sia mai esistito.
Ricordandosi improvvisamente che proprio il Cavaliere Nero fu il suo più grande nemico e il responsabile della sua amnesia e di tutte le sue sofferenze, Areth inizia una lenta discesa verso una pazzia fatta di ossessione.
Inizia così un viaggio dalle conseguenze impensabili. La vendetta a cui ambisce l’eroe caduto si mescola al confronto tra il bene e il male, tra l’uomo e tutto ciò che lo opprime, tra l’ignoto e l’inestinguibile sete di conoscenza e di verità


 Sotto consiglio (anche se già di mio partivo con l'intenzione di acquistare questo libro), ho deciso di leggere questo romanzo. Avevo voglia infatti di cimentarmi nella lettura di un buon fantasy e direi che non sono rimasta delusa. Per prima cosa, sì, è classificato come fantasy ma credo sia necessaria una distinzione considerando che è anche un romanzo di introspezione.
Il protagonista è Areth, Cavaliere appartenente alle Cappe Blu, che si è sempre distinto per la sua forza in qualsiasi battaglia. C'è qualcosa però che comincia ben presto a logorare l'anima di Areth: nei suoi sogni appare sempre una figura misteriosa, il Cavaliere Nero, e non riesce a capire cosa possa significare. Il Cavaliere Nero non è soltanto frutto dei suoi sogni: esiste davvero, la gente lo conosce e ne ha così paura che non si azzarda nemmeno a nominarlo, come se il solo pronunciare il suo nome possa farlo apparire e condannarsi a morte certa. Il Cavaliere infatti uccide per divertimento: a volte partecipa alle battaglie solo per il gusto di massacrare non prestando attenzione alla fazione con cui si ritrova a combattere. Areth pensa di avere tutto: ha una donna bellissima che lo ama, dei compagni che lo seguono fedelmente e l'onore che è riuscito a conquistarsi dopo anni di fedeltà al popolo. E allora perché la figura del Cavaliere continua a ossessionarlo?
Non riuscendo più a sopportare le continue visioni che ha del Cavaliere decide di intraprendere un viaggio alla sua ricerca. Se davvero lo ha già visto, come i suoi sogni vogliono fargli credere, perché non è morto dato che nessuno gli sopravvive?
Così Areth decide volutamente di abbandonare tutto ciò che ha pur di riuscire a incontrare il tanto temibile Cavaliere Nero.

Il tema del viaggio

Prima di parlare dello stile, voglio focalizzarmi sula figura di Areth e ciò che il viaggio significa per lui. Il motivo per cui voglio differenziarlo da un fantasy classico è che in questo caso il tema del 'viaggio' è del tutto diverso. Tutti noi abbiamo letto fantasy in cui il protagonista e i suoi amici si mettono alla ricerca di qualcosa. Potremmo dire che anche in questo caso è così, anche Areth è in viaggio alla ricerca del suo avversario ma non è quello che pensa realmente di trovare.
Il viaggio stavolta ha carattere psicologico: per tutto il tempo che Areth è in cammino non vediamo uno stravolgimento del personaggio, non lo vediamo mutare. Continua ad essere sempre convinto di ciò che sta facendo e anche quando gli viene domandato se davvero fa bene a lasciarsi dietro una vita bellissima con una compagna, la sua risposta è affermativa. Non cede mai, non ci ripensa anche quando gli viene posta una domanda che avrebbe potuto far tentennare chiunque altro. Con questo però non significa che a Areth non importi di quello che ha lasciato. Anzi, è tormentato, ma nel suo tormento c'è comunque la convinzione in quello che ha deciso di fare. Non tornerà mai indietro.
E la sua trasformazione è già avvenuta.

Personaggi

Come già detto Areth è un personaggio forte e con delle sicurezze che è riuscito a ottenere da solo nel tempo. Ma comincerà a vacillare e metterà tutto in discussione non appena il Cavaliere Nero inizierà a tormentarlo nel sogno. Nemmeno Kandra, la sua bellissima compagna nonché guerriera riuscirà a farlo desistere dal volersi mettere in viaggio.
Trovo che lei sia stata anche un personaggio formidabile: nonostante infatti pianga appena viene a sapere che Areth ha deciso di andarsene non chiedendole di seguirlo, non si dà per vinta. Non rimarrà ad aspettarlo e decide di partire per riportarlo indietro a ogni costo.
Sono riuscita ad immedesimarmi molto bene in Kandra: la sua angoscia, la sua rabbia sono molto palpabili e anche io come lei probabilmente avrei reagito allo stesso modo leggendo quella lettera.
In tale maniera sono riuscita a sentire questo personaggio vicino e ho prestato molta attenzione al suo viaggio e alle sue decisioni. Ho provato simpatia anche per gli altri guerrieri e in particolar modo mi ero affezionata ai fratelli!

Stile

Prima di tutto c'è da dire che il romanzo si presenta molto corto, lo si può tranquillamente leggere in poco tempo, anche un giorno. Non è affatto un lato negativo: ho capito infatti perché questa scelta (se lo è stata) perché il lettore non deve focalizzarsi più di tanto sulle vicende ma sul personaggio di Areth e sulla sua ricerca. Lo stile è limpido, scorrevole, senza alcun errore.
E infatti è anche grazie allo stile che si riesce a leggerlo in così poco tempo: per tutta la durata della lettura non ho mai storto il naso per qualcosa, ma ho proseguito tranquilla fino al finale senza notare nessuna 'interruzione brusca'. Ci sono molti dialoghi che rendono ovviamente la lettura più fluida e interessante ma ho trovato bellissime anche le parti riflessive che secondo me sono la parte centrale e fondamentale di questo romanzo. Il finale è il momento in cui Areth conclude il suo viaggio e a questo punto dato che ho qualcosa da dire al riguardo vi devo informare che da qui in avanti farò spoiler. Solitamente non lo faccio, ma credo sia necessario per una recensione più completa.
Se ancora non avete letto il libro vi consiglio quindi di fermarvi qui!

* SPOILER *

Il finale: è il momento in cui veniamo a scoprire perché Areth ha questa ossessione, non sono delle semplici visioni, sono dei veri e propri ricordi che riemergono. Il mago che gli ha fatto perdere la memoria, per sua volontà, gli mostra quindi il suo passato. Era lui il Cavaliere Nero, quell'essere che voleva cercare per uccidere. Ammetto che lo avevo capito, immaginavo fosse lui stesso il Cavaliere e da una parte ci speravo perché così l'idea che mi ero fatta del personaggio avrebbe avuto un senso ancora maggiore. Trovo infatti affascinante che per due volte Areth sia stato tormentato da se stesso. La prima volta subisce una tripla trasformazione di sé: grazie all'amore placa la sua voglia di sangue e decide di diventare un amabile contadino insieme a sua moglie. Si placa, la sua nuova vita gli piace.
La seconda trasformazione è quando torna ad essere di nuovo quello di un tempo, con la differenza che ora è addirittura più imbestialito dopo aver perso la donna amata. Se prima uccideva per divertimento adesso lo fa per vendetta. La sua rabbia è ancora più cieca e lo vediamo arrivare in un punto di non ritorno. Ed è talmente disperato e accecato dal rimorso che qui vediamo la terza trasformazione: il voler dimenticare tutto. Nonostante ciò il suo tormento, il suo passato non gli dà tregua.
Come se la sua coscienza non si fosse mai assopita e non accetta il fatto che ora lui possa condurre una vita tranquilla, ottenendo tutto ciò che desidera. Perché non sarebbe più lui ma una semplice finzione di se stesso. Capisce che c'è qualcosa che non va anche quando non può saperlo.
Il viaggio che lui va ad intraprendere ha la funzione di farlo tornare ad essere ciò che era.
A questo punto però mi domando: che funzione ha avuto il riconoscersi?
Questo non viene detto nel romanzo e se inizialmente pensavo che un seguito sarebbe stato adatto, ho cominciato poi a pensare che invece si toglierebbe la 'meditazione', se così vogliamo chiamarla, che va a fare il lettore una volta ultimato il romanzo.
Non ci viene detto cosa farà ora Areth con di nuovo i ricordi in suo possesso.
Per me ci sarà di nuovo una trasformazione, non una regressione. La regressione l'ha già avuta, è già impazzito. Credo che stavolta apprendendo di nuovo tutto ciò che è stato e unendolo a ciò che lui ha vissuto fino a quel momento, la pazzia sarà diversa.
Perché sempre di pazzia potrebbe trattarsi, ma forse Areth ha la possibilità adesso di affrontarla in maniera differente. Se una volta l'ha affrontata diventando un pazzo assassino peggio di quel che era, adesso potrebbe avere i giusti mezzi per redimersi, accettare quello che è stato, accettare il suo comportamento avventato e decidere cosa fare della sua vita. D'altronde c'era già stato il rimorso prima di recarsi dal mago per fargli dimenticare tutto. Potrebbe ritirarsi, non facendosi trovare più, ma trovando comunque una pace interiore con l'accettazione di se stesso.
D'altronde Kandra non è mai riuscita a trovarlo.

Detto questo ho apprezzato questo romanzo. Perché alla fine della lettura non è che mi ha lasciata senza finale, ma mi ha lasciata con tanti interrogativi da pormi a cui ho cercato di dare una risposta.
Questo intendo quando dico che è differente da un fantasy classico: non credo che vi capiti di rimanere con così tante domande interessanti da porvi a lettura ultimata.
In questo caso sì, per questo ne consiglio la lettura!

martedì 9 ottobre 2018

Robin Hobb sarà presente al Lucca Comics & Games!

A breve, come ogni anno, tornerà il tanto atteso Lucca Comics & Games! Cerco sempre di non mancare mai all'appuntamento anche perché c'è spesso la possibilità di incontrare artisti davvero importanti ma quest'anno posso direttamente piangere dalla gioia.
La Fanucci infatti ospiterà Robin Hobb, scrittrice fantasy statunitense nonché la mia preferita in assoluto.
Ho letto tantissimi libri, ho letto tantissimi fantasy (il mio genere preferito) e nessuno di questi è mai riuscito a eguagliare la bravura della Hobb. Nessuna storia mi ha mai emozionato come le sue e nonostante questa saga si sia ormai conclusa rimarrà per sempre nel mio cuore.
Considerando però che non tutti la conoscono (e per me equivale a una stilettata al cuore) oggi voglio farvela conoscere!


Robin Hobb ha scritto tantissime saghe. Ma voglio porre l'attenzione su tre trilogie che sono, appunto, le mie preferite.
- La trilogia dei Lungavista
- La trilogia dell'uomo ambrato
- La trilogia di Fitz e del Matto
Vi consiglio comunque di leggere anche le altre saghe per capire meglio alcuni dettagli. Per esempio, per quanto riguarda l'ultima trilogia credo che sia fondamentale aver letto almeno tutta la saga de I mercanti di Borgomago.
Cos'è che mi piace di lei? Parlando soltanto dello stile direi che è perfetta. Più volte sono rimasta a leggere una frase per minuti interi soltanto pensando "ma come è riuscita a dare perfettamente il senso giusto a ciò che voleva dire?" oppure "soltanto lei avrebbe potuto scriverlo così!"
Parlare di perfezione è sempre un azzardo. Nessuno è perfetto eppure è l'unico termine che mi viene in mente se penso allo stile di Robin Hobb. Ci si immedesima così bene nella storia che non è possibile non piangere, non gioire, non preoccuparci insieme ai personaggi.
Non è un fantasy classico, attenzione. Credo che sia infatti un elemento di margine.
La Hobb cura tantissimo il background, la storia, la psicologia dei personaggi e l'elemento fantasy viene dopo. Non che questo non sia curato, anzi, ma ammetto che ho apprezzato tantissimo l'attenzione e la passione che ha messo per delineare tutto il resto. Lo potremmo definire un fantasy contemporaneo.
FitzChevalier è il protagonista di queste trilogie: nato bastardo, non può aspirare quindi alla corona.
All'età di sei anni viene portato via da sua madre e portato a corte dove suo nonno, il Re, ha intenzione di prendersi cura di lui, facendolo addestrare da suo zio, anche lui bastardo, per diventare l'assassino di corte. La prima trilogia è spettacolare: vediamo un bambino diventare ragazzo che suo malgrado si ritrova coinvolto in intrighi di corte, tra gente che vuole ucciderlo anche se non ha alcuna pretesa al trono. Ed è questo che arrivo ad apprezzare di Fitz: si è fatto da solo. Riesce perché è lui che è in grado di cavarsela grazia alla sua intelligenza e alla sua forza. Non ci sarà mai e poi mai nessun deus ex machina pronto ad aiutarlo, anzi, cadrà così tante volte, rimarrà così spesso senza alcun aiuto che mi si è straziato spesso il cuore durante la lettura. Vediamo Fitz rialzarsi ogni volta che qualcosa di veramente orribile si abbatte su di lui, senza nessuna lamentela, ma con il giusto coraggio anche quando pensa che sia giusto rassegnarsi.
Viaggerà spesso con il suo inseparabile amico, il Matto, personaggio che rimarrà misterioso e affascinante per tutti i nove libri. Formano una coppia fantastica in grado di superare anche la situazione più difficile: la loro amicizia è così profonda e legata letteralmente nell'anima (se leggerete, capirete meglio cosa intendo dire) che faranno di tutto per salvarsi la vita a vicenda.
Fitz ha anche una particolarità: è in grado di parlare con gli animali e questa cosa suscita il disgusto della popolazione che uccide chiunque abbia questo potere. Per questo Fitz è costretto a nascondere quel profondo affetto un po' particolare che nutre nei confronti del suo lupo,Occhi-di-notte.
Il trio perfetto che si viene a creare tra Fitz, Occhi-di-notte e il Matto è quanto di più preciso, coordinato e legato da veri sentimenti che io abbia mai letto.
Dagli intrighi di corte passiamo al viaggio alla ricerca dei draghi fino al ritorno di Fitz come un assassino diverso, alimentato dalla voglia di una vendetta stavolta personale.

Ci sono state tante volte in cui mi sono ritrovata in disaccordo, ho pensato che Fitz meritasse di più, che tutti gli sforzi che ha fatto per altri necessitavano di una ricompensa più adeguata. Alla fine penso però che non poteva finire diversamente. Fitz ha ottenuto il riconoscimento, nella sua maniera.
Così come anche il Matto.
Spero vivamente che presto ci sarà un seguito incentrato su sua figlia, personaggio interessante che è stato sfruttato per bene soltanto nell'ultimo libro.
Sicuramente se avrò davvero la fortuna di incontrare personalmente Robin Hobb non esisterò a chiederglielo!
Io spero di avervi quanto meno fatto incuriosire: dirvi troppo sarebbe rovinarvi una lettura piacevole che va scoperta, assaporata e gustata fino alla fine.
Quindi, se ancora non la conoscete, provate a incontarla durante il Lucca Comics & Games!

martedì 2 ottobre 2018

Come si scrive una sinossi?

Eccomi ritornata dopo un piccolo periodo di assenza! Oggi però il post non sarà rivolto alle recensioni o alle interviste, ma a un altro aspetto che vorrei si incentrasse questo blog.
Ovvero, consigli editoriali e di scrittura.

Sei un aspirante scrittore, hai appena finito di scrivere il tuo libro e ti appresti a mandarlo alle case editrici. Ti accorgi però che la maggior parte, se non tutte, richiede l'invio della sinossi. Che cos'è la sinossi, quindi, e perché fa così paura? Quali sono gli errori da non fare?
Andiamo a scoprirli.





Perché fa paura a molti? Perché non si sa bene come impostarla e come potrebbe piacere all'editore.
Certo è infatti è che se sbagliate nella scrittura della vostra sinossi c'è un'alta percentuale che il vostro manoscritto non passi alla seconda fase, ovvero a quella della lettura.

La sinossi non è altro che un riassunto della vostra storia. Ciò significa che non dovrete tralasciare nulla riguardo la trama: colpi di scena, finale, tutto questo va inserito.
Vanno presentati i personaggi, il loro obiettivo e come essi cambino durante il corso della vicenda.
Quindi, un succo della vostra storia, i punti salienti, in modo tale che l'editore possa capire subito se la storia che state proponendo è quella che fa per lui.

Sembrerebbe quasi facile detta così, vero? Cosa ci vuole a scrivere il riassunto della propria storia?
Beh, sicuramente un grande dono della sintesi dato che il tutto dovrà essere riassunto in una, massimo due cartelle. Vi consiglio comunque di non arrivare mai alle due cartelle, a meno che non sia indicato dalla casa editrice, perché si tende a scartarle.
Capite ora che fare un riassunto di un libro magari di 500 o passa pagine non è così facile.
Ma è qui che si vedrà la vostra bravura! Siete scrittori, no?

Cosa non scrivere in una sinossi:
Vi ho già spiegato come dovrebbe essere una sinossi, ma ci tengo comunque ad avvisarvi riguardo alcuni errori che in molti tendono a fare.
La sinossi è solo un riassunto. Fine. Non potete scrivere argomentazioni personali, quali "questa è una storia avvicente, che vi lascerà senza fiato!" o "Credo di avere usato ottimamente lo show don't tell" e via dicendo.
Assolutamente no! A meno che non abbiate così voglia da essere scartati alla velocità della luce.
Queste considerazioni da quarta di copertina lasciatele appunto alla quarta di copertina.
La regola è semplice: solo il riassunto della vostra storia, incluso il finale. Nessuna vostra presentazione, se non quella dei personaggi!

Spero di aver chiarito la questione, se avete altre domande o volete richiedermi un argomento in particolare non esistate a contattarmi!