sabato 2 maggio 2020

Recensione: 'Chi ha ucciso Euridice?' di Vincenzo Tagliaferri

L'altro giorno vi ho parlato qui sul blog del canale Youtube di Vincenzo Tagliaferri e della possibilità che dà a voi scrittori di dedicarvi un video in cui leggerà un estratto del vostro romanzo.
Oggi voglio invece parlarvi del suo poema, 'Chi ha ucciso Euridice?'.

Titolo: Chi ha ucciso Euridice? Il mito di Orfeo e Euridice

Autore: Vincenzo Tagliaferri

Genere: Poema, mitologia

Edito da: LFA Publisher

Formato: Cartaceo & digitale

 Prezzo: Variabile a seconda del sito tra i 15,00€ e 10,90€ per il cartaceo. Ebook a 1,99€


Pagine: 174

Link all'acquisto: Libroco, Amazon, Ibs

Email dell'autore: Disponibile a una dedica tagliaferriv@gmail.com

Trama

 Una delle storie d'amore più struggenti di sempre raccontata in rima. Orfeo, il mitico cantore che incantava qualsiasi cosa o creatura con la potenza della sua musica, sfiderà con essa il regno dei morti "infettandolo di vita". Tutto ciò per riportare alla luce la sua amata Euridice, morta per il morso di un serpente. Un viaggio dunque nell'ignoto che sfocerà nelle proprie emozioni e nelle proprie paure. Non si sarebbe dovuto voltare durante la risalita alla vita, non avrebbe dovuto guardare Euridice in volto se non dopo esser giunti in superficie; almeno questi erano i patti con Ade, il signore delle tenebre... Ma poi cosa accadde? Perché ti voltasti, oh prode Orfeo? Perché "gettasti nel passato il tuo amor"?

Inizio con il dire che questa non sarà una recensione 'normale' in quanto 'Chi ha ucciso Euridice?' non si presenta in forma di romanzo, bensì di poema. Questa è la prima volta che vi parlo di un testo del genere e sono rimasta impressionata per il lavoro fatto, perché è vero che tutti quanti conosciamo il mito di Orfeo e Euridice, ma trovo che sia molto difficile riadattarlo in versi, cercando anche di usare termini che si accostano al mito e che non risultano moderni.
Quello che infatti ho notato è come non si è cercato di riadattarlo ai giorni nostri, ma l'autore ha conservato la bellezza dei poemi di un tempo, prestando attenzione a quale terminologia usare per farci come tornare indietro nel tempo e rievocare la storia dei due sfortunati amanti.
Vincenzo è un musicista e lo è anche mentre scrive: non potevo aspettarmi diversamente vista la musicalità del testo, di come scorrono le parole che sono infatti riadattabili perfettamente a quella che potrebbe essere una canzone. D'altronde, come vi dicevo l'altro giorno, Vincenzo nel suo canale Youtube 'Il regno di Orfeo' accompagna la lettura del testo con una musica in sottofondo. E la lettura diventa una vera e propria interpretazione. Mentre leggevo questo poema mi sembrava infatti di essere immersa in un mondo onirico.

Mi perdoneranno i più esperti se non saprò approfondire meglio come l'autore ha deciso di strutturare il poema. Nella maggior parte del testo abbiamo un utilizzo della rima alternata, quindi in ABAB.
Ammetto che è sempre stata la scelta metrica che preferisco e che allo stesso tempo trovo anche difficile da usare, nonostante possa sembrare il contrario. Non posso anche non menzionare le splendide illustrazioni che troviamo durante la lettura. Ci accompagnano sin dall'inizio e le ho trovate non solo adatte, ma anche evocative. Posso quindi affermare che questo è un testo che combina più arti: non solo quella delle parole in rima, ma anche la letturatura, il mito, la musica e l'arte.
Un gioiellino che non se ne lascia scappare una. Ma ora parliamo di Orfeo e Euridice.
Tutti li conosciamo, almeno una volta nella vita abbiamo letto la loro storia.
E l'autore l'ha riscritta in versi, aggiungendo anche delle note a pié di pagina molto interessanti e che spiegano a cosa la scena in questione sta alludendo. Trovo che sia una scelta assolutamente necessaria, non solo perché le note in un poema sono imprenscindibili e danno un tocco professionale, ma anche perché se fossero state spiegate nello stesso testo, questo avrebbe perso il tocco musicale e sarebbe caduto nel tell, che per quanto avrebbe potuto ugualmente incuriosire avrebbe certamente interrotto il lettore e rovinato la lettura.

Orfeo, innamorato della bella Euridice, si strugge quando la sua amata muore a causa del morso di un serpente dopo esser scappata da un uomo che la voleva per sé. Il matrimonio che si sarebbe dovuto celebrare tra i due amanti ha il finale più nefasto. Orfeo però, non si dà per vinto. E decide di sfidare chiunque, anche di andare da Ade in persona per riavere di nuovo con sé Euridice.
Inizialmente però, non pensa a una eventualità del genere. Non pensa di poter davvero scendere in quell'oltretomba per cercarla. Ma preso così tanto dal dolore vorrebbe solo dimenticarla.
Prova così a richedere l'aiuto di Ipno, colui che gli appare come il più benevolo. Ma Ipno non può aiutarlo: lui non fa dimenticare, fa addormentare. E gli spiega come quindi nei sogni sarebbe ancora tormentato dal ricordo della sua amata, in una eternità senza fine. Per questo alla fine Orfeo prende coraggio e scende negli inferi. Un camminio che a qualsiasi mortale è vietato.
Nonostante infatti per chiunque sarebbe impossibile procedere oltre perché troverebbe prima Caronte e poi Cerbero, Orfeo riesce ad ammansirli grazie alla sua musica. Una musica così celestiale e melodiosa da rischiarare un posto oscuro come quello. Per un momento, infatti, tutti sembrano placarsi e non esiste altro che il dolce suono di Orfeo, talmente illiadiaco che riesce a ottenere il permesso di andare avanti perché è riuscito a portare della luce dove c'era l'ombra più densa.
Orfeo sopraggiunge quindi davanti l'ingresso che lo porterà da Ade e Persefone.
Uno dei momenti che ho preferito.
Come infatti l'autore spiega, la bellezza non si attiene semplicemente a qualcosa di fisico o 'bello da vedere'. La vera bellezza è l'impatto, ovvero ciò che riesce a suscitare un'emozione forte, come può essere lo sgomento che Orfeo prova quando si trova all'ingresso che lo condurrà da Ade.
La vera arte è infatti quella che ci provoca una reazione, e non per forza questa deve essere bella. Come in questo caso, infatti, Orfeo è basito di fronte a un posto che gli appare così terrificante. E allo stesso tempo ne viene attratto. L'autore, infatti, ci fa il giusto esempio di Edmund Burke e il suo 'delightful horror', quell'orrore che affascina. Non posso che essere più d'accordo: ho sempre avuto anche io lo stesso concetto dell'arte in generale. Arte è qualunque cosa che ci smuove, sia in negativo che in positivo. L'importante è che ci rimanga impressa.

Anche nel finale, i versi sono struggenti. Ci viene mostrata molto bena la fine del povero Orfeo e della perdita della sua amata driade. E lo stesso Orfeo si rende conto, quando ormai l'ha persa per sempre, che comunque fosse andata quella non sarebbe più stata la sua Euridice. Lei era ormai parte di un mondo che non gli apparteneva, che l'aveva cambiata radicalmente.
Anche se ci fosse riuscito, non avrebbe stretto a sé la stessa donna che aveva stretto solo qualche giorno prima. Una presa di coscienza drammatica, ma inevitabile.

Per concludere, se amate l'arte e specialmente se adorate questo mito, questo è un poema che non può di certo sfuggirvi. L'autore si è inoltre impegnato a spiegare nelle note anche altri miti che menziona. L'ho trovata quindi un'opera completa che può essere letta anche da chi non ha mai avuto alcun approccio alla mitologia greca.




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