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giovedì 12 novembre 2020

[Segnalazione] 'L'angelo della porta accanto' di Adele Ross

 Oggi vi segnalo il romanzo di Adele Ross 'L'angelo della porta accanto'! Oltre a tutte le informazioni troverete anche due estratti! In più vi comunico che parteciperò al Review Party di questo romanzo e che la mia tappa è fissata al 13 dicembre!


Titolo: L'angelo della porta accanto

Autrice: Adele Ross

Edito da: Self Publishing

Genere: Christmas Romance

Formato: Ebook & cartaceo

Prezzo: 1,99€ ebook, 8,99€ cartaceo

Data di lancio: 9 novembre 2020




Trama

Londra. Quasi Natale (non ancora ma manca poco).
Hope Heartkindness si ritrova senza casa e, sapendo che il suo magro stipendio non le può assicurare di pagare un affitto, accetta l’offerta dell’amica Felicia di trasferirsi nel suo appartamento. Un grazioso appartamento al terzo piano di una piccola palazzina nella tranquilla Angels Street, proprio nel cuore del romantico quartiere di Hammersmith. La ragazza si ritrova così catapultata in una Londra al di fuori della frenetica City e circondata da pittoreschi e strani personaggi. La quiete in Angels Street è la caratteristica principale, quiete e riservatezza, due peculiarità che contraddistinguono tutti gli inquilini di quella palazzina. Soprattutto Mister Whitesmoke, eccentrico e insolito personaggio che vive dietro la porta accanto a quella di Hope e Felicia. Riservato, gentile, un vero gentiluomo d’altri tempi, anche un po’ fuori moda. Ma cosa nasconde realmente Daniel Whitesmoke? cosa si cela dietro la porta di quella silenziosa e misteriosa “Scuola di buone maniere” che l’uomo gestisce? Hope, come ogni brava giornalista in erba, decide di scoprirlo, anche perché quello strano personaggio, che lei è certa di non aver mai visto prima, le trasmette un’insolita e familiare sensazione… oltre alla intima certezza di avere un legame con lui che affonda le sue origini in un passato che Hope nemmeno ricorda.
Ma Dio e tutte le schiere di angeli, lassù nel Regno dei Cieli, ha un disegno già stabilito per Hope, per Daniel e per tutti i personaggi che li circondano mentre la razza umana ignara di tutto si sta preparando a festeggiare un nuovo Natale.






Daniel Whitesmoke non protestò, si limitò a sospirare e a uscire di casa per dedicarsi a una delle cose che amava fare maggiormente, passeggiare. Avrebbe percorso il viale alberato che costeggiava il fiume godendosi il freddo pungente di quel sabato mattina di fine novembre. Sarebbe arrivato a Hammersmith Bridge, si sarebbe seduto su una panchina e avrebbe ammirato il panorama. Il sabato mattina, in fondo, era fatto per quello. Per rilassarsi, passeggiare e godersi il panorama spettacolare che si poteva vedere solamente da Hammersmith Bridge. E, ovviamente, per prendere il tè in santa pace non dovendo subire il fastidioso rumore che giungeva dall’appartamento accanto al suo. Daniel Whitesmoke non amava solo passeggiare, amava anche altre cose, tra cui il silenzio e la riflessione. Uno dei motivi per cui aveva scelto di vivere ad Angels Street nell’Hammersmith era proprio il silenzio. E il fatto che poteva vivere mantenendo la sua riservatezza. Se il quartiere di Hammersmith poteva apparire un mondo fuori dal mondo, l’appartamento di Daniel Whitesmoke poteva sembrare addirittura un altro mondo. Come tutta la vita di Daniel Whitesmoke d’altronde. Una vita che a occhi distratti appariva decisamente ordinaria ma che aveva un qualcosa di talmente straordinario che al resto del mondo sarebbe stato precluso se non fosse stato lui stesso a decidere di mostrarlo. Aveva capelli di un biondo talmente chiaro da apparire quasi bianchi, ribelli anche se lui si ostinava a tenerli tagliati corti. Due occhi di un azzurro che forse in natura non esisteva nemmeno, mobili e sempre attenti. Un carattere pacato e movenze morbide che trasmettevano un che di tranquillizzante. Non scattava mai, non alzava mai la voce, non si agitava mai, non perdeva le staffe. Non era privo di emozioni ma aveva imparato a gestirle. Aveva una voce calda ma dolcissima ed era la cosa di lui che le persone notavano per prima. Non era bello. Ma non era nemmeno brutto. Era ordinario, fuori moda e terribilmente buono. Tanto mansueto da far pensare che la sua ira, qualora fosse mai stata scatenata sarebbe stata devastante. Viveva a Londra da sempre. E con da sempre si intende proprio da sempre. O quasi. Non stiamo parlando di molto tempo o dal momento della sua nascita che, apparentemente avrebbe potuto essere avvenuta una quarantina di anni prima, anche se non era così. Stiamo parlando di decenni, di secoli, di millenni. Di sempre insomma.

 


Hope Heartkindness era stata una bambina felice. Aveva combinato i guai che tutte le bambine felici combinavano, come dare fuoco alla stalla nella fattoria dei nonni a sei anni, oppure cadere dalla bicicletta e sbucciarsi le ginocchia, o ancora sporcare di fango durante una partita a pallone improvvisata il vestito elegante fatto di trine e merletti che la madre le aveva acquistato per il matrimonio di una lontana zia. Aveva poca voglia di studiare ma i suoi risultati scolastici erano quasi sempre sufficienti. Era intelligente ma non si applicava. Era spronata dagli insegnanti ma era scostante, soprattutto nell’impegnarsi in materie che non suscitavano il suo interesse, come la chimica, la storia dell’arte e l’economia domestica.

Cosa che detestavano quasi tutte le sue compagne, a eccezione di Susan Miller che già all’età di otto anni aveva dichiarato di voler diventare la moglie di un uomo importante, occuparsi di lui, della loro casa in campagna e dei loro sette figli. Un desiderio che sarebbe stato esaudito dal fato quasi completamente considerando che a ventinove anni, al contrario di Hope Heartkindness, viveva in campagna e aspettava già il quinto erede dal marito Rufus, uomo importantissimo per la piccola comunità dove vivevano perché era l’unico portalettere della cittadina, senza di lui la corrispondenza non sarebbe mai stata consegnata. Ma torniamo a Hope Heartkindness. Hope non amava particolarmente studiare però amava la letteratura e la matematica. Cosa che potrebbe apparire un controsenso ma non lo era. Precisamente più che la matematica Hope Heartkindness adorava la logica e tutto ciò che era logico, conteneva logica, poteva essere misurato con il metro della logica. Detestava visceralmente le incoerenze, gli errori grammaticali, le bugie, a meno che fossero pronunciate a fin di bene, prendere l’ascensore, i luoghi alti, i lavori fatti all’uncinetto, i fiori finti, le zucchine e i volatili. Anche se per questi ultimi aveva con gli anni sviluppato una tolleranza sufficiente, soprattutto perché l’idea di eliminare tutti i volatili dalla faccia della Terra le era sembrata una soluzione troppo drastica, così si era accontentata di sopportarli purché questi non invadessero il suo spazio prossemico. Impresa che a volte si era rivelata ardua in considerazione del fatto che i volatili non hanno mai minimamente idea di cosa sia lo spazio prossemico. Comunque era arrivata a ventinove anni sana sia di corpo che di mente pur condividendo il pianeta con una specie aberrante come quella dei volatili. E già lo si poteva considerare un risultato soddisfacente. Aveva simpatia per quasi tutti gli animali, ragni compresi ma i pesci preferiva solamente vederli cucinati. Aveva una passione quasi incontrollabile per la zuppa inglese e per il caffè. Adorava il profumo dell’aria quando arriva l’estate, ma anche la neve e la sensazione di accogliente serenità che suscita l’irreale silenzio quando i fiocchi scendono leggeri e ricoprono il terreno. Amava il Natale e le festività in genere. Non era particolarmente buona ma non era nemmeno cattiva. Era umana.

 

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