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martedì 9 febbraio 2021

Recensione: 'Potevo avere gli occhi a mandorla' di Tullio Colombo

 Oggi vi porto la recensione di 'Potevo avere gli occhi a mandorla' di Tullio Colombo che ci riporta il memoriale di suo padre. Buona lettura!

 

 

Titolo: Potevo avere gli occhi a mandorla

Autore: Tullio Colombo

Edito da: Self Publishing

Genere: Biografia storica

Formato: Cartaceo & digitale

Prezzo: 2,70€ digitale, 8,00€ cartaceo



Trama

 Nel dicembre 1943, Vincenzo Colombo risponde alla chiamata alle armi per evitare rappresaglie contro la sua famiglia. Crede di fare la cosa giusta, inconsapevole di stare per commettere, invece, il più grave errore della sua vita. Un’educazione fascista, un padre in Cina, i timori postbellici, qualche amore giovanile e poi l’incontro con la futura moglie sono gli ingredienti di una vita normale, tenacemente vissuta dalla parte sbagliata. “Potevo avere gli occhi a mandorla” è il racconto di un figlio alla scoperta dell’intimità nascosta di un padre, è l’eredità morale di un’intera generazione di sconfitti, un tassello da inserire nel puzzle della memoria controversa di un popolo ancora diviso, ed è anche un confronto con le memorie familiari di Christine, l'amica e collega tedesca, durante un week-end berlinese denso di rievocazioni e complicità inaspettate.

Questo è un libro che racconta una vita vera, episodi realmente vissuti e patiti da Vincenzo Colombo, padre dell'autore che ha deciso di onorare il memoriale che gli ha lasciato riguardo i tempi in cui è stato costretto a imbracciare le armi durante la Seconda Guerra Mondiale. Ancora non capisce in quel momento che sta per commettere un errore, un errore che però non poteva davvero evitare, a meno che non si fosse nascosto come tanti altri ragazzi provarono a fare. Questo libro però fa riflettere anche per quanto riguarda una prospettiva su cui molti tendono a non soffermarsi: come può una persona costretta ad arruolarsi con i tedeschi dover subire la vergogna e il rischio di essere incarcerato e ucciso dai suoi stessi compatrioti? Perché l'autore ha un obiettivo, lo stesso di suo padre. Redimere il ricordo di una generazione costretta, redimere la storia di chi ha vissuto dalla parte sbagliata il periodo della Resistenza e gli anni successivi alla Liberazione. Non bisogna infatti dimenticare anche i lati negativi che hanno visto coinvolti i partigiani con episodi di altrettanta violenza subiti dal popolo che volevano proteggere. Quello che l'autore infatti ricorda è come delle vicissitudini della guerra in casa non se ne parlava mai, non visto soltanto come un qualcosa che si voleva dimenticare, ma anche di nascondere. Se l'autore infatti poneva qualche domanda al padre lui rispondeva solamente che aveva combattuto con i tedeschi. E non contro. Cosa che all'autore risulta strana quando, in compagnia di alcuni amici, quelli gli dicono che è impossibile che il padre abbia parteggiato per i nemici e che sicuramente era stato un partigiano proprio come i loro padri. Ed è lì che entriamo nel nocciolo della questione, fino a quando l'autore trova il memoriale del padre che ha intenzione di pubblicare proprio per far luce su quell'altra parte della storia, forse troppo spesso data per scontato, quando invece si dovrebbero far vedere tutti i risvolti di tutte le fazioni. Quando Tullio mette mano alle memorie del padre, che lui stesso ha cominciato a scrivere dopo la morte della madre, inizia a capire cos'è che stesse 'nascondendo', una parte di storia che bisognava invece far conoscere. L'autore completa anche le parti mancanti, fa un'accurata ricerca storica per colmare quelle vicende che il padre aveva lasciato senza spiegazioni, oppure reintegra con alcuni approfondimenti.

Questa scelta stilistica di mantenere in corsivo le memorie del padre per differenziarle dalle parti aggiunte dall'autore mi è piaciuta moltissimo e si intende molto bene durante la lettura. Il libro non ci viene presentato come una storia romanzata delle imprese del padre, ma è l'autore che ne è il protagonista, ci racconta infatti di quando ha messo mano al memoriale e ha chiesto aiuto alla tedesca di Amburgo Christine a cui fa leggere i suoi ricordi in anteprima e si fa aiutare nel ricostruire e migliorare alcuni aspetti. L'aiuto della sua collaboratrice, di cui ci racconta come l'ha conosciuta, è estremamente importante tanto che glielo fa leggere prima che vada in stampa. Seguiamo quindi l'autore e Christine in questo racconto, in questo tornare indietro nel tempo.

Il memoriale non inizia parlando subito dell'entrata in guerra. Vincenzo parte infatti descrivendo la sua infanzia, la sua famiglia, il luogo dove abitava, ovvero Sesto Calende, il successivo trasferimento a Novara, città che odiava e in cui non si era mai integrato bene per via delle differenza di dialetto che lo costringeva a parlare in italiano per non essere oggetto di scherno. Ci racconta di suo padre Enrico, quindi nonno dell'autore, costruttore aeronautico che si trasferì per un periodo in Cina per una missione di assistenza militare al governo cinese. Aveva chiesto alla sua famiglia di trasferirsi in Cina con lui, ma quando la situazione bellica peggiorò, se ne tornò in Italia.
Gli anni che Vincenzo ricorda come i peggiori, quelli che davvero lo hanno segnato sono stati quelli tra il 1943 e il 1945. Vincenzo viene chiamato alle armi, pensa inizialmente di scappare come fa qualcuno, ma decide di presentarsi per non creare problemi alla famiglia, problemi che in seguito diventeranno terribili non appena verrà incaricato come mitragliere della contraerea ai tedeschi della FlaK.
Un periodo buio, non soltanto per quello che ha dovuto patire in guerra, l'ansia di vedere un compagno morire, doversi lavare spaccando del ghiaccio, la paura costante di essere ammazzato. Quando infatti torna a casa trova uno scenario forse ancor peggiore, causato dai partigiani che vedono in lui come un traditore della patria. Il padre è stato incarcerato e lui rischia la vita anche solo andandolo a trovare una volta e scopre che la sua famiglia è vittima e oggetto di scherno, tanto che un vicino ha addirittura sputato addosso a sua madre. Leggere queste memorie è davvero un colpo al cuore. E finalmente andiamo a capire e a conoscere le colpe -che non esistono-  chi si è ritrovato costretto a stare dall'altra parte, una 'scelta' che non veniva perdonata.

Questo interrogativo rimane nel padre dell'autore che ritendola una profonda ingiustizia scrive anche a Idro Montanelli, direttore de Il Giornale, dal quale ottiene una risposta. Tutta una situazione di date di nascita. Ora che Vincenzo non c'è più, l'autore ha quindi voluto pubblicare le sue memorie in modo che venga davvero restaurata quella parte di storia che ha generato un clima di odio e violenza inimmaginabili e che soltanto chi ha potuto vivere in prima persona conosce. Ma nessuno conosce però i motivi che ci sono stati, nessuno prova a capire i sacrifici che sono stati fatti. In una guerra in cui non ci sono né vincitori né vinti, bisogna ritrovare quel clima che possa redimere le vicende di chi fino a questo momento ha preferito tacere.

Il memoriale si conclude con le relazioni sociali e amorose del padre, quando incontra sua madre e si avvia sulla strada del commercio. Un libro che sicuramente segna, che ci fa conoscere quella parte di storia di cui però, ne sono certa, molti di noi già ne erano a conoscenza e che anche altri fortunatamente portano a galla. Leggere le memorie di Vincenzo, immaginarsi tutto quello che ha dovuto affrontare, fa comunque sperare che nulla di questo è stato vano, ora che ogni sfaccettatura della storia è studiata e analizzata. L'autore secondo me ha fatto una grande scelta e un grande passo nel voler sistemare il suo memoriale per vedere la luce della pubblicazione. Un gesto che serviva e che vi invito caldamente a leggere.



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