Buongiorno a tutti!
Ieri è uscito il nuovo romanzo edito da Words Edizioni, 'Io sarò il tuo porto' di Salvatore Improta ed ecco qui la mia recensione. Buona lettura!
Titolo: Io sarò il tuo porto
Autore: Salvatore Improta
Edito da: Words Edizioni
Genere: Narrativa storica
Formato: Digitale, prossimamente cartaceo
Prezzo: 2,99€ digitale, 15,90€ cartaceo
Data di lancio: 30 marzo 2022
Trama
San Giovanni a Teduccio, est di Napoli. Un posto che, da sempre, non è città e nemmeno periferia. Attaccato al porto, alle pendici del Vesuvio e bagnato dal mare di Vigliena. La guerra, però, non bada a queste piccolezze e dove c’è una fabbrica, dove c’è un porto, dove passa una linea ferroviaria, ci sono obiettivi da distruggere. Le bombe angloamericane cadono sulla Napoli del 1942, mentre Antonio, Ciro e Maddalena - tre ragazzi del posto - cercano di resistere agli eventi che ormai fanno parte della quotidianità. La scuola è ferma, il lavoro manca: scene attuali, specchio crudo e reale di quartieri che ancora oggi sembrano abbandonati alla loro sorte. La loro vita è vissuta nei giorni a cavallo tra la fine del regime e l’armistizio, rallenta e accelera al ritmo dettato dalle sirene che annunciano gli attacchi. Amore e amicizia, il dolore della disperazione e la resistenza tra le strade della città. E la speranza, infine. Ma cosa sarà rimasto di quei ragazzi che davanti al mare di Napoli si emozionavano, sognando a occhi aperti?
Perfettamente attuale con ciò che stiamo vivendo, leggere 'Io sarò il tuo porto' conferisce quel retrogusto che ci fa immergere in una situazione lontana con l'eco di quello stesso dolore che risuona nel presente. Quando si legge una storia come questa ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale riusciamo sempre a condividere e a sentire nostre le preoccupazioni e i dolori che erano costretti a subire la gente dell'epoca, ma oggi questo ci fa ancora più male. Mentre leggevo alcune parti mi sembrava di sentirle più contemporanee che mai, che quelle scene le possiamo vedere anche adesso, che c'è qualcuno che sta affrontando la stessa barbarie.
Ecco perché dovrebbe essere importante la storia. La storia ci educa, ci insegna a non ripetere gli stessi errori, ci fa capire quali sarebbero le conseguenze di una data azione. Eppure, nonostante già sappiamo, nonostante la storia ci illustri alla perfezione tutte le problematiche, ecco che l'uomo ricade nello stesso vizio. E allora la storia in realtà è solo destinata a ripetersi, mai a correggere e a sanare.
Ci troviamo a Napoli, precisamente a San Giovanni a Teduccio, e il 1942 sta per finire. I nostri protagonisti, gli adolescenti Antonio, Ciro e Maddalena, sperano insieme alle loro famiglie che quel 1943 che sta per arrivare sia finalmente l'anno della svolta, l'anno in cui la guerra finirà, ma come ben tristemente sappiamo, non sarà così. Manca la vita quotidiana, che ormai sembra talmente lontana che quasi non ricordano più com'era prima, quando erano spensierati, la gente aveva un buon lavoro, non esisteva il coprifuoco, non si doveva correre via da casa quando suona l'allarme per via dei bombardamenti, non si rischiava la vita ogni giorno, non solo per la guerra in sé ma anche per la mancanza di viveri. E non solo di quelli, ma anche il necessario per una corretta igiene personale giornaliera. Chiedono di lavarsi accuratamente con il sapone onde evitare l'infestazione dei pidocchi ma ormai anche il sapone è diventato un bene di lusso. Si avverte molta tristezza ma anche rabbia nelle loro parole. Sono troppi anni che ormai la guerra va avanti ed è come se quegli anni fossero stati strappati via con ferocia, come se non avessero vissuto. Tutto si è fermato, tutti si devono adeguare. Ma è anche normale che a lungo andare la gente non riesce più a sottostare alle regole. C'è lo sconforto, il cibo che manca e che viene razionato in una maniera ridicola, qualsiasi cosa si ha la si tiene come il tesoro più prezioso. Antonio, per esempio, vorrebbe continuare a studiare e a leggere al lume di candela ma anche le candele sono diventate poche ed essenziali, per questo dovrà cercare di farsele bastare più che può. Inoltre, se una candela almeno dura a lungo, un fiammifero no. Una volta usato è da buttare via.
Ma chi sono quindi i nostri protagonisti? Antonio è un ragazzo che conosciamo inizialmente con le fattezze di uno che sembra ancora lontano dal diventare uomo. Fa l'aiuto barbiere anche se ormai sono in pochi quelli che vanno al salone, sta sempre insieme all'amico Ciro, sogna e ammira da lontano la bella Maddalena e ascolta sempre le storie su Napoli dal Barone, che sembra uscito direttamente dall'Ottocento per i suoi modi di fare. Dà del 'voi' a chiunque e fa sognare con i suoi racconti.
Tutti questi personaggi però si sentono come se la loro vita fosse stata messa in pausa e l'unica cosa che resta è la speranza. La speranza che tutto quello finisca, ma sembra peggiorare, e quindi anche quella piccola, fioca luce di speranza si affievolisce. Forse non finirà mai. Forse non vivranno più come quel tempo che stanno per dimenticare.
Di solito, e questo lo sa chi legge spesso le mie recensioni, non riporto citazioni dai libri che leggo, ma stavolta voglio fare un'eccezione e farvi leggere questo pezzo molto significativo che racchiude perfettamente l'essenza di ciò che provano non solo i personaggi, ma anche ciò che provano le persone oggi.
Oggi mi sento diverso. Confuso e consapevole. La vita in guerra è attesa, è sospensione. Ogni giorno è buono per morire o per tornare alla vita. Campiamo di speranza, vogliamo che il domani arrivi in fretta anche se non sappiamo cosa potrebbe portarci. Vorrei chiudere gli occhi per riaprirli in un giorno nuovo, dove tutto è finito. Darei qualsiasi cosa per cancellare ogni singolo pensiero legato a questa guerra. Ogni altro pensiero, tranne lei. Maddalena. Lei non deve finire. Devo ancora viverla
Il 1943 non è quell'anno risolutivo che si sperava, neanche quando viene annunciato l'armistizio a settembre. C'è chi festeggia pensando che sia la fine della guerra, chi è speranzoso credendo che sia almeno l'inizio della fine, e poi ci sono quegli anziani, che vengono presi per pazzi, quando dicono che stanno arrivando delle problematiche ancor maggiori. Napoli viene disastrata, diventa una città fantasma dove i suoi cittadini si muovono per le vie come delle anime in pena, magri per via della fame, sporchi, in cerca di qualunque cosa per sopravvivere. Non sanno più chi è che li sta minacciando, se i tedeschi, gli inglesi o gli americani appena arrivati. Sanno solo che nonostante la debolezza dei loro corpi, nei loro occhi c'è ancora quella scintilla che li fa proseguire e combattere, a imbracciare un fucile per la prima volta. C'è chi, come Antonio, proprio non riesce, chi come Ciro che invece si sente in dovere di farlo.
Ed è proprio nel 1943, ai primi di giugno, che Antonio si separa non solo da sua madre ma anche da Maddalena. La situazione sta diventando così critica che le donne vengono portate a Tramonti, in quello che prima era un convento di suore. Maddalena sente molto la mancanza di Antonio e l'inizio non è facile. I primi due mesi sono stati insopportabili, le giornate si sono susseguite uguale alle altre e sembra non riuscire a legare con nessuno. Inoltre prendersi cura degli animali, compito che le hanno affidato, non è semplice per qualcuno che non l'ha mai fatto e ogni cosa le deve essere spiegata.
Ma ecco che le cose migliorano, Maddalena inizia a sentirsi parte integrante di Tramonti e l'amicizia che stringe con Lidia è ciò che riesce a farla andare avanti. Il suo pensiero è sempre fisso a Napoli, a quel mare che ha abbandonato, anche se non sa che può scorgerlo anche da lì.
Lidia diventa un'amica fidata e la ragazza dovrà capire esattamente cosa vuole fare della propria vita. Si trova lì è unicamente per salvarsi ma sa che non è quello l'obiettivo che vuole portare a termine. In più, provenendo da una famiglia ebrea, vuole sapere che fine ha fatto la sua famiglia.
Una chicca che mi è piaciuta tantissimo del romanzo è che ogni tanto i capitoli sono intervallati da delle lettere. Lettere che si scambiano Antonio e Maddalena e successivamente anche altri personaggi che non vi sto a svelare. La cosa bella e che ho molto avvertito è che per loro è un'assoluta novità scrivere lettere a qualcuno. Non pensavano che lo avrebbero mai fatto, quindi è un'azione eccitante, sia per il fatto in sé sia per l'attesa di una risposta che quando arriva viene consumata a forza di riletture. Non è sempre facile procurarsi della carta quindi il minimo pezzettino è perfetto per l'utilizzo. Cercano di scrivere poco, ma abbastanza per ricoprire l'intero foglio, scrivendo piccolo piccolo per fare entrare tutto ciò che vogliono dire all'altro. Ecco, questi sono passaggi che ho amato alla follia, ho avvertito alla perfezione quei momenti furtivi, quel fare di tutto pur di scrivere anche solo poche righe, quel sentirsi anche un po' inadatti.
Le storie dei personaggi mi sono piaciute tutte e mi hanno fatto commuovere. Sinceramente non saprei dire se mi è piaciuta di più la storia travagliata di Antonio e Maddalena o quella di Ciro e Lidia, il primo che si sente una persona di pochi valori, che non ha molto da offrire a parte il riparare scarpe, e l'altra che invece vuole buttarsi, sperimentare qualcosa di nuovo, fuggire da quello che le si prospetta per avere una vita tutta sua. Le decisioni che possono prendere non sono facili, e le ho condivise.
Ho apprezzato anche lo stile del romanzo, non solo perché è ben scritto ma anche perché ci fa respirare proprio l'aria salmastra di Napoli, ci fa addentrare in quelle vie grazie all'utilizzo - non eccessivo e perfettamente godibile - del dialetto napoletano, che è una vera e propria lingua con la sua grammatica a tutti gli effetti. Così come ho anche amato le note, che non solo ci traducono delle frasi ma ci fanno conoscere e capire meglio alcuni dettagli. Bella la chicca di nominare ogni capitolo con i titoli delle canzoni di Pino Daniele. E chi se non lui, per omaggiare Napoli!
Questo è un romanzo da leggere, specialmente adesso. Ci saranno delle parti che vi faranno stringere il cuore, vi faranno toccare realmente cos'è che porta la guerra, con le sue restrizioni, con le sue perdite, a farci vivere un popolo che non ha scelto nulla di tutto quello. Un popolo che è costretto a subire, a vedere i propri cari portati via, a fare cose che non avrebbero mai immaginato di fare. A vedere feriti, morti per le strade, a sorprendersi di come anche un nemico venga però seppellito con tutti gli onori.
Perché in guerra tra i civili non ci sono nemici. Tutti perdono e la speranza li unisce.
Un libro che merita e che vi consiglio. Lo premio con il massimo del punteggio.